M’è capitato di “vivere” una giornata da incubo, il 16 luglio scorso, allo stadio di Avellino. Dove mi sono ritrovato, invitato da amici peraltro nient’affatto fanatici, ad assistere incredulo ed esterrefatto alla kermesse annuale dei cosiddetti “servi di Cristo vivo”. Un qualcosa a metà fra un “imbonimento” alla Vanna Marchi e una convention di Forza Italia. Solo che, al posto di Silvio Berlusconi, gli osanna incessanti, frenetici, gridati, anzi urlati, erano tutti per Cristo vivo. Una ubriacatura assordante ed interminabile, un’intera giornata all’insegna dell’orgasmo protratto all’infinito e dell’autoesaltazione parossistica.Insomma, i servi di Cristo vivo vanno giù duro, ci danno dentro di santa ragione, inattaccabili da ogni dubbio, da ogni incertezza, intransigenti ed implacabili nel fiondare fin nel più alto dei cieli la loro fede incrollabile, mistificante, assoluta, al di là e al di sopra di tutto e di tutti. Una incredibile, estenuante, onnicomprensiva immersione nella dimensione del mistico, del soprannaturale, dell’ascetico. Una orgogliosa ed inscalfibile testimonianza di fede urlata. Un incrollabile orgoglio di appartenenza. Alla casta degli eletti, dei portatori del Verbo e della Verità, dei militanti senza macchia e senza paura.
Mano a mano che gli inni, le processioni, lo svolazzo di casule e pianete dorate, l’ostensione di calici e teche preziose procedevano ad un ritmo incalzante ed ossessivo non potevo fare a meno di chiedermi come mai questa setta di fanatici preconcilio (ma del Concilio di Trento, XVI secolo), semisconosciuta, anzi pressoché semiclandestina –chi ne aveva mai sentito parlare prima? – avesse raccolto quasi diecimila fedeli all’interno dello stadio di Avellino, e per di più in una torrida giornata di luglio.
Ma, poi, erano davvero tutti fedeli? A parte i pochi curiosi, come me, trascinativi per un capriccio del caso, quale ansia, ricerca, angoscia esistenziale aveva convogliato, per circa dieci ore, in un catino semibollente migliaia di persone provenienti da ogni angolo d’Italia?
La risposta giunse quasi subito. Allorché uno dei leader del Movimento incominciò a dispensare miracoli a destra e a manca. Miracoli, per giunta, nemmeno personalizzati. Nel senso che il reverendo taumaturgo –ma lui si scherniva, proclamandosi semplice pendant del Principale – colpiva, per così dire, nel mucchio. Restituendo la salute ai “fortunati” presenti sulle tribune senza neppure conoscerli e senza averne avuto esplicita richiesta. Miracoli a pioggia, e beato chi si bagnava. Inutile dire che tra la folla c’erano persone più serie che redarguivano, bloccandoli, i congiunti che, colti da improvviso raptus miracoleggiante, si sarebbero lanciati in una grottesca e inquietante esibizione di grazia ricevuta. Insomma, uno spettacolo penoso.
Spettacolo che peraltro andava via via degradando a livelli sempre più bassi man mano che prendevano la parola, pardon l’urlo, i vari relatori del convegno. Tra i quali è impossibile tralasciare l’esorcista ed il procacciatore di vocazioni.
Il primo che raccontava del diavolo, di come fosse furbo e pericoloso, di quanti tranelli costellasse la via dei fedeli e di come alla fine venisse irrimediabilmente sconfitto e costretto a sgomberare il campo dei poveri invasati dall’intervento energico –e, si deve immaginare, urlato - del baldanzoso esorcista. L’altro che, per rendere appetibile il celibato dei chierici, non trovava argomenti migliori di quelli della più bieca e stantia letteratura misogina: le grane e le diavolerie delle donne contro l’assoluta tranquillità della vita ecclesiale. E si tace qui, per pudore, delle aggressioni verbali e delle insolenze nei confronti dei seguaci delle altre fedi. Tutte erronee, sbagliate, peccaminose, fuorvianti. Se fosse stato possibile, si sarebbe obiettato che qualche anno fa il Papa Giovanni Paolo II, ad Assisi, pregò insieme con i capi delle più diffuse religioni del mondo. Ma quale dibattito è mai possibile con i talebani di Cristo vivo? I quali, tutti presi dal regno celeste e dal suo raggiungimento, a compimento della indimenticabile giornata, dichiararono che non importa essere poveri o ricchi, felici o infelici, sani o malati in questa valle di lacrime, perché ciò che conta davvero è il mondo ultraterreno.
Ripensandoci, forse è proprio questo il reale messaggio dei cosiddetti servi di Cristo vivo: ciascuno si contenti dello status in cui si trova, e al diavolo le lotte per l’uguaglianza, la libertà, la dignità umana, i diritti civili e sociali, le conquiste ed il progresso economico e civile. Al diavolo tutto. E viva i seguaci di Cristo vivo.
Cosimo d’Alema
16 ottobre 2006
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