29 gennaio 2007

Marco Travaglio indulto-Cuffaro




Breve estratto della puntata di AnnoZero con Cuffaro in studio che butta fango su due vittime di mafia non potendo rispondere alle domande di un "ragazzetto" (sua definizione sul Corriere, un galantuomo anche in questo) di 21 anni.

22 gennaio 2007

DOV'E' IL MOVIMENTO? di Michele Di Schiena

Il Presidente Bush, nonostante la recente sconfitta elettorale causata soprattutto dalla guerra da lui scatenata in Iraq, rilancia il nefasto intervento armato accrescendo la presenza militare americana in quel martoriato territorio. Di fronte al tragico fallimento di un conflitto che ha seminato morte e rovine provocando una micidiale guerra civile tra opposte fazioni, la Casa Bianca non riflette ma reagisce in maniera istintiva, non ascolta ma lancia proclami, non "lascia" ma "raddoppia" facendo così nuovi e preziosi regali a quel terrorismo che dice con tante e dure parole di volere ad ogni costo combattere. Negli Stati Uniti l'opposizione del Partito Democratico, divenuto maggioranza al Congresso dopo le recenti elezioni, non sembra in grado, anche per la ripartizione dei poteri sancita dalla Costituzione di quel Paese, di bloccare questa disperata e rovinosa politica.
D'altro canto, l'opinione pubblica statunitense, pur avendo dimostrato col voto il suo dissenso nei confronti di Bush, appare non sufficientemente determinata a fermare con la protesta popolare l'exalation decisa e portata avanti dal Presidente americano. Ma l'Iraq è solo l'iceberg di una politica che, nel suo complesso, punta a "mettere le mani" sul mondo operando interventi armati ed imponendo un modello di economia che aggrava gli squilibri e colpisce legittimi interessi e diritti fondamentali. Una politica che manifesta tutta la sua pericolosità con i bombardamenti in Somalia ed anche, in maniera certo meno eclatante ma di sicuro fortemente significativa, con la insistente richiesta di allargamento della base militare USA di Vicenza, una pretesa accettata a suo tempo dal Governo Berlusconi alla quale oggi il Governo Prodi non è riuscito ad opporsi nonostante le riserve ed i dubbi determinati anche dalle giuste contestazioni e proteste della città veneta.

Di fronte ad una tale situazione cosa fa in Italia ed in Europa il movimento per la Pace che non riuscì, è vero, nel 2003 a fermare l'occupazione militare dell'Iraq ma che si impose all'attenzione della opinione pubblica mondiale per la sua profezia e per la sua forza e che fu perciò definito dal New York Times "la seconda potenza mondiale"? Cosa frena quella "potenza" che si mostrò in grado di scendere pacificamente in campo armata solo delle proprie buone ragioni per tutelare e promuovere la pace ed i diritti fondamentali di milioni di uomini condannati alla fame e alla morte dalle logiche di dominio e di sfruttamento che attanagliano l'intero pianeta? In quali dimore si è raccolto, sia pure per dedicarsi ad utili servizi ed interventi, quel movimento che era sceso nelle strade e nelle piazze di tutto il mondo per levare la sua voce di protesta e di proposta? Quali chiusure e quali protagonismi lo hanno indebolito e diviso? Quale demone, con la perversa astuzia di chi predica il realismo e deride l'utopia per indurre alla rassegnazione, lo sta tentando di rinunciare alle sue speranze ed al suo impegno per la costruzione di un "altro" mondo considerato fino a ieri "possibile"?

In una difficile situazione interna ed internazionale, all'inizio degli anni cinquanta, si muoveva anche allora in Italia il movimento mondiale per la pace e don Primo Mazzolari, a nome del gruppo delle "Avanguardie cristiane", vi aderiva ed inviava un messaggio al congresso per la pace svoltosi a Varsavia. Un messaggio che conteneva la presentazione di alcune esigenze e, in particolare, quella che negli atteggiamenti e nelle decisioni del movimento vi fosse «quel distacco da ogni prestabilito vincolo politico e quella superiorità con cui dovrebbero essere servite le grandi cause» nonché quella che fosse dato «più posto ai poveri di ogni parte del mondo» evitando la prevalenza di intellettuali, politici e sindacalisti, «i quali, pur avendo l'animo aperto, difficilmente sanno intendere e tradurre l'angoscia di chi non ha scampo, né in pace né in guerra, da quelle ingiustizie che tolgono la libertà, la dignità ed il gusto di vivere».

Sono passati più di cinquant'anni ed oggi abbiamo il terrorismo che imperversa e le tante guerre che esplodono in diverse parti del mondo ma i problemi del movimento per la pace non sono in sostanza cambiati rispetto ai tempi di don Mazzolari e dei suoi amici delle "Avanguardie cristiane": da una parte, le chiusure preconcette e le difficoltà di dialogo e, dall'altra, i rischi che tentazioni ideologiche ed interessi di parte possano intaccare l'autonomia e la forza di un movimento capace di cambiare la storia. E' necessario che questo movimento si ritrovi subito perché il mondo ha bisogno di una forza che non degeneri e non si disperda, di un grande coagulo di energie morali e sociali capace di togliere dalle mani dei potenti della Terra, per restituirlo a tutti gli uomini il diritto che tutti gli uomini hanno di decidere il loro futuro ed il loro destino.

Brindisi,19 gennaio 2006

Michele DI SCHIENA

21 gennaio 2007

Vivere alla vigilia dell' Apocalisse di Gabriele Romagnoli

Arriva per tutti l' ultimo giorno spensierato sul pianeta Terra. Per me è questo: me ne sto seduto al tavolino di un ristorante sulla spiaggia di Barcellona, il cielo è terso, il mare increspato consente ai surfisti il loro stagionale esibizionismo, ci sono più di venti gradi e il cameriere ha appena deposto un piatto di gamberoni alla piastra: «Buon provecho!». Che cosa può incrinare una giornata perfetta? Un soffio di vento. Basta il refolo che sfoglia le pagine del quotidiano La Vanguardia disperdendo gli universali pigolii della politica, i sussurri dei sottoscala intellettuali, la rumorosa farsa dello sport e lascia sotto gli occhi due pagine con le testate "società" e "cultura". Nella prima si annuncia che "il Mediterraneo è in agonia": tra vent' anni le sue spiagge saranno proibite per motivi sanitari, tra quaranta non uno dei pesci e crostacei che mangiamo attualmente sarà ancora in circolazione. Nella seconda si afferma: «Il riscaldamento globale è il vero nemico della nostra civiltà».
E se ne enumerano gli effetti: raddoppio degli uragani negli ultimi trent' anni, dal 2030 ondate di caldo già ora letali (30mila vittime in Europa nella canicola del 2003) stermineranno 300mila persone l' anno, nel 2050 saranno scomparse un milione di specie animali e vegetali. In pochi secondi sono scomparsi la piacevolezza del clima, la serenità del mare e il sapore del pesce. Restano un gusto amaro e Una verità scomoda. Così sta scritto in un riquadro pubblicitario, sotto l' immagine di due ciminiere fumanti. è il titolo di un film documentario americano appena uscito in Spagna, non ancora in Italia, ma disponibile in dvd dal 21 novembre. Si tratta, semplicemente, delle riprese di una conferenza sui pericoli causati dal riscaldamento globale tenuta da Al Gore «l' uomo che fu il prossimo presidente degli Stati Uniti». In America è stato un successo. In Europa non ancora. Alla cassa della multisala una donna cerca di convincere il figlio adolescente a vederlo. Quello replica schifato: «Ma è un documentario». La costringe a deviare sul film Figli dell' uomo, di Alfonso Cuaron, che diresse il picaresco Y tu mama tambien e uno dei tanti Harry Potter. L' ho visto la sera precedente e non credo che il ragazzo ne uscirà rallegrato. è fantascienza, ma un tempo il futuro immaginato era un posto pulito e illuminato bene. Ora è un luogo sporco e oscuro. Nei film di questo genere non ci sono più nuove invenzioni che facilitano la vita domestica, ma impreviste difficoltà per l' esistenza quotidiana. Questo 2027 di Cuaron è un tempo assurdo, dove il cielo è lurido, le acque spesse e, soprattutto, nessuno fa più figli da 18 anni (unico problema risolto: la sovrappopolazione). Folto il pubblico che vuole vedere, invece, Una verità scomoda, ma nessuno sotto i quarant' anni. Alla fine di questo che è il vero film horror (che cosa dovrebbe spaventarci di più: un enigmista pazzo o l' uragano assicurato?) restano impressi soprattutto due momenti. Il primo è quando Gore parla della Groenlandia, dello scioglimento dei suoi ghiacci a causa del surriscaldamento. E a noi che cosa importa se scompare quel gran cubetto della Groenlandia? Poco, se Gore non mostrasse gli effetti prodotti dal conseguente innalzamento dei mari. Tutti i rabdomanti della modernità vanno in pellegrinaggio a Shanghai per decodificarne i segnali. Con la Groenlandia scomparirebbero Shanghai e la modernità prossima ventura: il futuro è un' epoca postuma. Addio Calcutta. Addio San Francisco. Addio Olanda. E sapete che cosa accadrebbe al memorial del World Trade Center, quello che stanno progettando e costruiranno per ricordare, «in eterno», le vittime dell' 11 settembre? Addio anche a quello: «Il riscaldamento globale è il vero nemico della nostra civiltà». O no? Il secondo momento notevole è quando Gore ricorda sua sorella: maggiore di dieci anni, personale angelo custode. Appare in filmati di repertorio, bella e sorridente, con un foulard al collo e una sigaretta in bocca. La voce fuori campo ricorda che la correlazione tra fumo e cancro data dal 1964. I Gore avevano una piantagione di tabacco. La sorella di Al fumava dall' adolescenza. A quarant' anni è morta di tumore ai polmoni. La famiglia ha sperimentato che gli scienziati non gridavano «Al lupo!». I millennaristi di una volta erano bizzarri signori in tunica bianca che giravano per le strade urlando «Pentitevi, la fine è vicina!». Quelli di oggi sono affidabili e maturi signori come Charles Kutscher che ha presieduto a Denver la conferenza Solar 2006 mostrando diagnosi spietate e proponendo interventi urgenti. Scrittori come Frank Shatzig, autore dell' ecothriller Il quinto giorno, la risposta europea al Codice da Vinci, capace di vendere milioni di copie benché le pagine siano 1032. Più un ragazzo ingrassato che ha perso l' America e ora vuole ridarci il mondo e un regista che ha fatto Harry Potter e poi si è accorto che l' avvenire non appare magico. Capita a molti, è capitato perfino a Tony Blair, che ha lanciato l' allarme climatico mentre è già sulla soglia di Downing street. I politici mentre sono in carica pensano agli affari loro e di chi gli sta vicino, all' ora del tramonto si affannano per lasciare una «eredità», allargano orizzonti fin lì ristretti. Gore si è sempre occupato dell' ambiente, ma nel 2000, quando era il «prossimo presidente», anche lui non voleva contrariare le lobby del petrolio o dell' auto. Dicono abbia scoperto l' acqua calda ed è letteralmente, terribilmente vero. Dopo anni di supponente distacco i media stanno facendo altrettanto. La stampa, almeno. In tv il clima non fa audience. è impossibile organizzarci un talk show e far litigare sull' argomento. Se qualcuno sostiene che non fa davvero più caldo basta appenderlo fuori da qualsiasi porta. Cominciano a circolare idee per risolvere il problema. Un altro notevole documentario, Chi ha ucciso l' auto elettrica?, oltre a rispondere al quiz tormentone di Beppe Grillo, suggerisce che ne abbiamo qualcuna già da tempo. Il sito www.climatecrisis.net spiega dieci piccole regole di comportamento che possono generare un grande impatto. Vincere questa guerra è difficile perché il nemico ha una faccia soave: come fai a sparargli se ti si presenta con le sembianze di una giornata estiva a novembre? La speranza si basa su due fattori in teoria negativi. Il primo è l' egoismo. L' idea di lasciare ai figli un mondo migliore ha storicamente smosso dalla poltrona tre o quattro bravi ragazzi. è la prospettiva della fine delle grigliate, del surf, dei vicoli di Amsterdam a poter generare qualche sommovimento, qui e ora. Nessuno scenderà in piazza o firmerà appelli, non serve. L' arma vera è il secondo fattore: il capitalismo. Il premio Nobel per l' economia, Yunus, ci ha insegnato che non va cambiato, va usato. A un certo punto del film Al Gore mostra un grafico. Rivela come le vendite di auto americane siano crollate al confronto di quelle giapponesi. Il pubblico ha abbandonato i grossi moloch inquinanti a favore di mezzi più leggeri e puliti. Può succedere in ogni settore. Il capitalismo ha un navigatore al posto del cuore: se sul mercato la domanda cambia rotta, l' offerta è già ad aspettarla a destinazione. In pochi anni le lobby dell' energia eolica, delle bici elettriche, del noleggio&riciclaggio potrebbero soppiantare quelle tradizionali e sovvenzionare le campagne elettorali di politici senza eredità, nè alle spalle, né davanti. Una dimostrazione? Quando Una verità scomoda ha incassato il suo ventesimo milione di dollari, diventando il quarto documentario più proficuo della storia, la Paramount ha devoluto un milione alla lotta contro il surriscaldamento del pianeta. Una causa giusta moltiplica gli adepti se è anche redditizia. Questa lo è più di ogni altra: c' è da guadagnarci la vita, su una spiaggia, a mangiar gamberoni.

19 gennaio 2007

Una scomoda verità

La condizione del pianeta e i rischi che corre a causa dei gas serra è la scomoda verità che Al Gore si è impegnato a diffondere di persona attraverso un tour che si è esteso ai quattro angoli della terra avviato dopo aver perso (momentaneamente) la corsa alla Casa Bianca. Conscio di andare incontro allo scetticismo delle persone ma forte delle sue ricerche nel campo e di vent'anni di esperienza (già nel 1992 aveva pubblicato il libro Earth in the Balance: Ecology and the Human Spirit sul quale si basa la sua attuale "predicazione") Gore espone una serie di dati scientifici inattaccabili, tabulati, previsioni sul nostro prossimo futuro e risposte alla domanda su come affrontare il riscaldamento globale del pianeta. Il ritratto è sconfortante e per questo "scomodo"; scomodo per i governi, che al momento fanno finta di non sentire/vedere/sapere e scomodo per le persone che pensano non ci siano limiti allo sviluppo. In questo clima di scetticismo calcolato, Al Gore appare come un moderno Noè senza arca.
Trailer

07 gennaio 2007

Una cura per il pianeta salute: riflessione di un ricercatore pugliese di Alessandro Distante

Ogni trasformazione, e a maggior ragione nel Pianeta Salute, impone di assorbire le conoscenze, i processi e i prodotti innovativi generati dal mondo scientifico e industriale. La ricerca e la formazione possono migliorare la qualità dell’assistenza e dei servizi socio-sanitari anche nel sistema italiano, che garantisce tutti ma presenta chiari dislivelli fra Nord e Sud e fra Sud e Sud. Nel Mezzogiorno, tale discrepanza viene imputata al basso tasso di ricerca biomedica e di formazione continua, cosa che viene percepita dal cittadino che trova soluzioni alternative per ottenere il meglio (emigrando o rifugiandosi nel sistema sanitario privato). Per non copiare gli errori fatti altrove (gli USA, pur spendendo in sanità il 16% del PIL, hanno il 16% della nazione senza assistenza, cioè 50 milioni di individui), qui da noi si devono migliorare le strutture, le infrastrutture, la qualità delle cure e il rispetto delle Linee Guida per ottimizzare prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle varie patologie. Come? Investendo in ricerca, formazione e capitale umano: cioè il metodo universale per far crescere la qualità dei servizi e per ridurre i costi. Non imboccando questa via, c’è da sperare che la Salute dei cittadini venga tutelata (ovviamente pagando !) da altre regioni più o meno lontane. Oggi, dalle cronache giornalistiche natalizie, il cittadino pugliese percepisce che si tenta di migliorare la sanità con l’accorpamento delle AUSL e con altre soluzioni tecniche per ridurre i costi dei gestori della sanità. D’altro canto, si sente ripetere da Presidenti e Luminari (Napolitano, Prodi, Vendola, Errico, Montezemolo, Pistorio, Donato, Romano, etc) che la ricerca e la formazione avanzata sono le vie maestre dello sviluppo. Allora, perché non iniettare - nelle AUSL, negli ospedali e nei Policlinici - una robusta dose di ricercatori, cioè persone intrinsecamente formate a usare gli strumenti per la conoscenza e per l’innovazione? I cittadini percepirebbero subito che si vuole migliorare le cose con il lavoro e con l’intelligenza dei propri figli, oltre che su base scientifica. Infatti, per combattere inefficienze, sprechi e ingiustizie, non serve applicare il ticket bensì seguire le Linee Guida Ottimali, senza le quali si danneggia la propria salute e si inducono costi alla comunità, ancorché a scoppio ritardato. Nessuno può chiamarsi fuori da una nuova visione per il Pianeta Salute che richiede di: a) sperimentare soluzioni innovative; b) praticare la comunicazione basata sull’evidenza scientifica; c) coinvolgere i giovani e le loro famiglie; d) far capire agli operatori l’importanza dell’apprendimento continuo; e) convincere i decisori politici a portare sì il saluto ai convegni di studio e rimanerci fino in fondo (per decidere poi in modo appropriato sui risultati delle ricerche esposte). In Puglia, cioè una macroregione dove il succedersi delle stagioni metereologiche, politiche, culturali e sociali non è sempre garanzia di fiori, frutti, colori e sapori, è necessario anche programmare un corretto trasferimento tecnologico che eviti gli sprechi.. Un esempio? rischiamo di avere il doppio delle cardiochirurgie e delle TAC-PET necessarie per 4 milioni di abitanti, e meno della metà degli specialisti che servono per farle funzionare al meglio. La crescita del Pianeta Salute richiede soprattutto l’adozione di valori di riferimento che vedano il cittadino al centro del sistema e non gli interessi delle varie corporazioni. Pertanto, oltre a potenziare il sistema d’istruzione nella regione (medicina, ingegneria biomedica, economia sanitaria, epidemiologia, informatica medica, etc.), bisogna allinearsi alle strategie mondiali (e razionali) per migliorare i livelli essenziali di assistenza attraverso: Prevenzione, Anticipazione, Personalizzazione, Partecipazione, Interoperabilità e Integrazione di sistemi.
Inoltre, cominciare a servirsi dei ricercatori del proprio territorio, per evitare due errori capitali:1.Trattare il Pianeta Salute come un tabù sociale e non come un motore di sviluppo; 2. Far scontare l’impotenza strategica ai cittadini che, non fidandosi del proprio sistema, trovano costosi espedienti, altrove. Al contempo, sono necessari solidi ponti fra il mondo della ricerca e della sanità, fra il mondo accademico e dell’industria, fra i sistemi isolati e i sistemi integrati. La sinergia fra istituzioni rende meno lontano il trasferimento delle innovazioni dal laboratorio alla clinica, dalla medicina molecolare alla biologia, dalle nanotecnologie alla telemedicina, etc., sia a vantaggio del sistema sanitario che di quello sistema industriale. Se da un lato gli errori fatti da altri sono da evitare, le buone idee, gli strumenti utili e le competenze esistenti vanno messi a frutto con lungimiranza, cominciando a guardarsi in casa. Si scopriranno giovani risorse, dottorandi, borsisti, ricercatori pronti a servire tutti, nella propria terra e con umiltà !

Alessandro Distante