Ogni trasformazione, e a maggior ragione nel Pianeta Salute, impone di assorbire le conoscenze, i processi e i prodotti innovativi generati dal mondo scientifico e industriale. La ricerca e la formazione possono migliorare la qualità dell’assistenza e dei servizi socio-sanitari anche nel sistema italiano, che garantisce tutti ma presenta chiari dislivelli fra Nord e Sud e fra Sud e Sud. Nel Mezzogiorno, tale discrepanza viene imputata al basso tasso di ricerca biomedica e di formazione continua, cosa che viene percepita dal cittadino che trova soluzioni alternative per ottenere il meglio (emigrando o rifugiandosi nel sistema sanitario privato). Per non copiare gli errori fatti altrove (gli USA, pur spendendo in sanità il 16% del PIL, hanno il 16% della nazione senza assistenza, cioè 50 milioni di individui), qui da noi si devono migliorare le strutture, le infrastrutture, la qualità delle cure e il rispetto delle Linee Guida per ottimizzare prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle varie patologie. Come? Investendo in ricerca, formazione e capitale umano: cioè il metodo universale per far crescere la qualità dei servizi e per ridurre i costi. Non imboccando questa via, c’è da sperare che la Salute dei cittadini venga tutelata (ovviamente pagando !) da altre regioni più o meno lontane. Oggi, dalle cronache giornalistiche natalizie, il cittadino pugliese percepisce che si tenta di migliorare la sanità con l’accorpamento delle AUSL e con altre soluzioni tecniche per ridurre i costi dei gestori della sanità. D’altro canto, si sente ripetere da Presidenti e Luminari (Napolitano, Prodi, Vendola, Errico, Montezemolo, Pistorio, Donato, Romano, etc) che la ricerca e la formazione avanzata sono le vie maestre dello sviluppo. Allora, perché non iniettare - nelle AUSL, negli ospedali e nei Policlinici - una robusta dose di ricercatori, cioè persone intrinsecamente formate a usare gli strumenti per la conoscenza e per l’innovazione? I cittadini percepirebbero subito che si vuole migliorare le cose con il lavoro e con l’intelligenza dei propri figli, oltre che su base scientifica. Infatti, per combattere inefficienze, sprechi e ingiustizie, non serve applicare il ticket bensì seguire le Linee Guida Ottimali, senza le quali si danneggia la propria salute e si inducono costi alla comunità, ancorché a scoppio ritardato. Nessuno può chiamarsi fuori da una nuova visione per il Pianeta Salute che richiede di: a) sperimentare soluzioni innovative; b) praticare la comunicazione basata sull’evidenza scientifica; c) coinvolgere i giovani e le loro famiglie; d) far capire agli operatori l’importanza dell’apprendimento continuo; e) convincere i decisori politici a portare sì il saluto ai convegni di studio e rimanerci fino in fondo (per decidere poi in modo appropriato sui risultati delle ricerche esposte). In Puglia, cioè una macroregione dove il succedersi delle stagioni metereologiche, politiche, culturali e sociali non è sempre garanzia di fiori, frutti, colori e sapori, è necessario anche programmare un corretto trasferimento tecnologico che eviti gli sprechi.. Un esempio? rischiamo di avere il doppio delle cardiochirurgie e delle TAC-PET necessarie per 4 milioni di abitanti, e meno della metà degli specialisti che servono per farle funzionare al meglio. La crescita del Pianeta Salute richiede soprattutto l’adozione di valori di riferimento che vedano il cittadino al centro del sistema e non gli interessi delle varie corporazioni. Pertanto, oltre a potenziare il sistema d’istruzione nella regione (medicina, ingegneria biomedica, economia sanitaria, epidemiologia, informatica medica, etc.), bisogna allinearsi alle strategie mondiali (e razionali) per migliorare i livelli essenziali di assistenza attraverso: Prevenzione, Anticipazione, Personalizzazione, Partecipazione, Interoperabilità e Integrazione di sistemi.
Inoltre, cominciare a servirsi dei ricercatori del proprio territorio, per evitare due errori capitali:1.Trattare il Pianeta Salute come un tabù sociale e non come un motore di sviluppo; 2. Far scontare l’impotenza strategica ai cittadini che, non fidandosi del proprio sistema, trovano costosi espedienti, altrove. Al contempo, sono necessari solidi ponti fra il mondo della ricerca e della sanità, fra il mondo accademico e dell’industria, fra i sistemi isolati e i sistemi integrati. La sinergia fra istituzioni rende meno lontano il trasferimento delle innovazioni dal laboratorio alla clinica, dalla medicina molecolare alla biologia, dalle nanotecnologie alla telemedicina, etc., sia a vantaggio del sistema sanitario che di quello sistema industriale. Se da un lato gli errori fatti da altri sono da evitare, le buone idee, gli strumenti utili e le competenze esistenti vanno messi a frutto con lungimiranza, cominciando a guardarsi in casa. Si scopriranno giovani risorse, dottorandi, borsisti, ricercatori pronti a servire tutti, nella propria terra e con umiltà !
Alessandro Distante
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