21 gennaio 2007

Vivere alla vigilia dell' Apocalisse di Gabriele Romagnoli

Arriva per tutti l' ultimo giorno spensierato sul pianeta Terra. Per me è questo: me ne sto seduto al tavolino di un ristorante sulla spiaggia di Barcellona, il cielo è terso, il mare increspato consente ai surfisti il loro stagionale esibizionismo, ci sono più di venti gradi e il cameriere ha appena deposto un piatto di gamberoni alla piastra: «Buon provecho!». Che cosa può incrinare una giornata perfetta? Un soffio di vento. Basta il refolo che sfoglia le pagine del quotidiano La Vanguardia disperdendo gli universali pigolii della politica, i sussurri dei sottoscala intellettuali, la rumorosa farsa dello sport e lascia sotto gli occhi due pagine con le testate "società" e "cultura". Nella prima si annuncia che "il Mediterraneo è in agonia": tra vent' anni le sue spiagge saranno proibite per motivi sanitari, tra quaranta non uno dei pesci e crostacei che mangiamo attualmente sarà ancora in circolazione. Nella seconda si afferma: «Il riscaldamento globale è il vero nemico della nostra civiltà».
E se ne enumerano gli effetti: raddoppio degli uragani negli ultimi trent' anni, dal 2030 ondate di caldo già ora letali (30mila vittime in Europa nella canicola del 2003) stermineranno 300mila persone l' anno, nel 2050 saranno scomparse un milione di specie animali e vegetali. In pochi secondi sono scomparsi la piacevolezza del clima, la serenità del mare e il sapore del pesce. Restano un gusto amaro e Una verità scomoda. Così sta scritto in un riquadro pubblicitario, sotto l' immagine di due ciminiere fumanti. è il titolo di un film documentario americano appena uscito in Spagna, non ancora in Italia, ma disponibile in dvd dal 21 novembre. Si tratta, semplicemente, delle riprese di una conferenza sui pericoli causati dal riscaldamento globale tenuta da Al Gore «l' uomo che fu il prossimo presidente degli Stati Uniti». In America è stato un successo. In Europa non ancora. Alla cassa della multisala una donna cerca di convincere il figlio adolescente a vederlo. Quello replica schifato: «Ma è un documentario». La costringe a deviare sul film Figli dell' uomo, di Alfonso Cuaron, che diresse il picaresco Y tu mama tambien e uno dei tanti Harry Potter. L' ho visto la sera precedente e non credo che il ragazzo ne uscirà rallegrato. è fantascienza, ma un tempo il futuro immaginato era un posto pulito e illuminato bene. Ora è un luogo sporco e oscuro. Nei film di questo genere non ci sono più nuove invenzioni che facilitano la vita domestica, ma impreviste difficoltà per l' esistenza quotidiana. Questo 2027 di Cuaron è un tempo assurdo, dove il cielo è lurido, le acque spesse e, soprattutto, nessuno fa più figli da 18 anni (unico problema risolto: la sovrappopolazione). Folto il pubblico che vuole vedere, invece, Una verità scomoda, ma nessuno sotto i quarant' anni. Alla fine di questo che è il vero film horror (che cosa dovrebbe spaventarci di più: un enigmista pazzo o l' uragano assicurato?) restano impressi soprattutto due momenti. Il primo è quando Gore parla della Groenlandia, dello scioglimento dei suoi ghiacci a causa del surriscaldamento. E a noi che cosa importa se scompare quel gran cubetto della Groenlandia? Poco, se Gore non mostrasse gli effetti prodotti dal conseguente innalzamento dei mari. Tutti i rabdomanti della modernità vanno in pellegrinaggio a Shanghai per decodificarne i segnali. Con la Groenlandia scomparirebbero Shanghai e la modernità prossima ventura: il futuro è un' epoca postuma. Addio Calcutta. Addio San Francisco. Addio Olanda. E sapete che cosa accadrebbe al memorial del World Trade Center, quello che stanno progettando e costruiranno per ricordare, «in eterno», le vittime dell' 11 settembre? Addio anche a quello: «Il riscaldamento globale è il vero nemico della nostra civiltà». O no? Il secondo momento notevole è quando Gore ricorda sua sorella: maggiore di dieci anni, personale angelo custode. Appare in filmati di repertorio, bella e sorridente, con un foulard al collo e una sigaretta in bocca. La voce fuori campo ricorda che la correlazione tra fumo e cancro data dal 1964. I Gore avevano una piantagione di tabacco. La sorella di Al fumava dall' adolescenza. A quarant' anni è morta di tumore ai polmoni. La famiglia ha sperimentato che gli scienziati non gridavano «Al lupo!». I millennaristi di una volta erano bizzarri signori in tunica bianca che giravano per le strade urlando «Pentitevi, la fine è vicina!». Quelli di oggi sono affidabili e maturi signori come Charles Kutscher che ha presieduto a Denver la conferenza Solar 2006 mostrando diagnosi spietate e proponendo interventi urgenti. Scrittori come Frank Shatzig, autore dell' ecothriller Il quinto giorno, la risposta europea al Codice da Vinci, capace di vendere milioni di copie benché le pagine siano 1032. Più un ragazzo ingrassato che ha perso l' America e ora vuole ridarci il mondo e un regista che ha fatto Harry Potter e poi si è accorto che l' avvenire non appare magico. Capita a molti, è capitato perfino a Tony Blair, che ha lanciato l' allarme climatico mentre è già sulla soglia di Downing street. I politici mentre sono in carica pensano agli affari loro e di chi gli sta vicino, all' ora del tramonto si affannano per lasciare una «eredità», allargano orizzonti fin lì ristretti. Gore si è sempre occupato dell' ambiente, ma nel 2000, quando era il «prossimo presidente», anche lui non voleva contrariare le lobby del petrolio o dell' auto. Dicono abbia scoperto l' acqua calda ed è letteralmente, terribilmente vero. Dopo anni di supponente distacco i media stanno facendo altrettanto. La stampa, almeno. In tv il clima non fa audience. è impossibile organizzarci un talk show e far litigare sull' argomento. Se qualcuno sostiene che non fa davvero più caldo basta appenderlo fuori da qualsiasi porta. Cominciano a circolare idee per risolvere il problema. Un altro notevole documentario, Chi ha ucciso l' auto elettrica?, oltre a rispondere al quiz tormentone di Beppe Grillo, suggerisce che ne abbiamo qualcuna già da tempo. Il sito www.climatecrisis.net spiega dieci piccole regole di comportamento che possono generare un grande impatto. Vincere questa guerra è difficile perché il nemico ha una faccia soave: come fai a sparargli se ti si presenta con le sembianze di una giornata estiva a novembre? La speranza si basa su due fattori in teoria negativi. Il primo è l' egoismo. L' idea di lasciare ai figli un mondo migliore ha storicamente smosso dalla poltrona tre o quattro bravi ragazzi. è la prospettiva della fine delle grigliate, del surf, dei vicoli di Amsterdam a poter generare qualche sommovimento, qui e ora. Nessuno scenderà in piazza o firmerà appelli, non serve. L' arma vera è il secondo fattore: il capitalismo. Il premio Nobel per l' economia, Yunus, ci ha insegnato che non va cambiato, va usato. A un certo punto del film Al Gore mostra un grafico. Rivela come le vendite di auto americane siano crollate al confronto di quelle giapponesi. Il pubblico ha abbandonato i grossi moloch inquinanti a favore di mezzi più leggeri e puliti. Può succedere in ogni settore. Il capitalismo ha un navigatore al posto del cuore: se sul mercato la domanda cambia rotta, l' offerta è già ad aspettarla a destinazione. In pochi anni le lobby dell' energia eolica, delle bici elettriche, del noleggio&riciclaggio potrebbero soppiantare quelle tradizionali e sovvenzionare le campagne elettorali di politici senza eredità, nè alle spalle, né davanti. Una dimostrazione? Quando Una verità scomoda ha incassato il suo ventesimo milione di dollari, diventando il quarto documentario più proficuo della storia, la Paramount ha devoluto un milione alla lotta contro il surriscaldamento del pianeta. Una causa giusta moltiplica gli adepti se è anche redditizia. Questa lo è più di ogni altra: c' è da guadagnarci la vita, su una spiaggia, a mangiar gamberoni.

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