29 giugno 2006

LA QUESTIONE MORALE E QUELLA RELIGIOSA di Michele Di Schiena

Abbiamo letto con amarezza il contenuto delle intercettazioni di alcune telefonate fra l'ex Presidente della Regione Puglia Raffaele Fitto nonché persone del suo entourage e mons. Francesco Ruppi, arcivescovo di Lecce e Presidente dei Vescovi pugliesi. Si tratta di colloqui che, se non convincentemente smentiti, dimostrano all'evidenza il pieno coinvolgimento del presule nella campagna elettorale regionale di Fitto e per di più in un ruolo di premurosa consulenza ed addirittura di stimolo. Così come sono risultati chiarissimi gli interventi del vescovo di Lecce presso i competenti uffici regionali per il finanziamento degli oratori cattolici, un finanziamento per il quale - come si ricorderà - mons. Ruppi espresse in piena campagna elettorale all'allora Presidente della Regione Puglia pubblici e calorosi ringraziamenti che suscitarono riserve e rilievi.

«Stiamo camminando.», «Stiamo recuperando.», «Sto facendo un buon lavoro con la TV.», «Sei stato stupendo ieri sera .», «Io ho mosso anche le suore .», «Si stanno muovendo qui AN? .», «Nel nostro ambiente si va rinserrando.», «Un altro fatto buono è che io sto ricevendo, sto percependo che la Margherita incomincia ad entrare in difficoltà.» e così via con numerose altre espressioni di analogo ed anche più sorprendente contenuto fino al consiglio di «continuare i giri privati» anche durante la sospensione della campagna elettorale per l'agonia del Papa Giovanni Paolo II. Sono ravvisabili in questa malinconica vicenda illeciti penali?
Non lo sappiamo ma crediamo che sia interesse generale, interesse di ogni cittadino e soprattutto della verità che la Giustizia faccia il suo corso rapidamente e con doveroso senso di responsabilità al riparo da ogni suggestione, ferma restando ovviamente la presunzione di non colpevolezza sancita dalla Costituzione per ciascun indiziato o imputato fino ad eventuali sentenze definitive di condanna. Si pone però subito una "questione morale" perché non appare ammissibile che uomini di Chiesa, investiti perciò di funzioni di natura religiosa, utilizzino il loro ruolo ed il loro ascendente spirituale per influenzare elezioni democratiche con consigli ed interventi specifici fino a porsi, in qualche caso, come solerti registi di campagne elettorali in favore di questo o quello schieramento ovvero, peggio ancora, a vantaggio di questo o quel personaggio politico. E ciò specialmente quando tra gli uni e gli altri intercorrono rapporti per atti istituzionali che dovrebbero essere mossi solo dall'interesse generale e risultare quindi estranei a qualsiasi logica di tipo clientelare. Il fatto è che il comune sentire considera eticamente inaccettabile l'uso strumentale di incarichi, missioni o mandati per fini diversi da quelli ad essi connaturali. Una sorta di "eccesso di potere", non certo nell'accezione strettamente giuridica dell'espressione, ma nel suo significato più ampio, come censura dell'utilizzo improprio o deviato nei rapporti personali e sociali di funzioni e prerogative soprattutto quando queste, per la loro natura ed autorevolezza, presuppongono rassicurante equanimità e comportano incisivi poteri persuasivi.
> Ma se di fronte a tali malinconiche vicende vi è una "questione morale" che tocca la sensibilità di tutti i cittadini, per quelli di loro che sono credenti si aggiunge una sofferta "questione religiosa". E sì, perchè essi guardano alla Chiesa cattolica quale dovrebbe essere: una Chiesa che si affida totalmente al Vangelo; che «non pone la sua speranza nei privilegi offerti dall'autorità civile»; che quando sono in gioco diritti fondamentali esprime il suo «giudizio morale anche su cose che riguardano la politica» ma lo fa «utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono conformi al Vangelo»; che svolge un mandato di ordine religioso e che si può perciò servire «delle cose temporali nella misura che la propria missione lo richiede» senza porre «la sua speranza nei privilegi offerti dall'autorità civile» ed anzi rinunziando «all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza». Ed ancora: una Chiesa che riconosce «la legittima autonomia delle realtà terrene» e che si adopera perché vengano rimosse «le ingenti disparità economiche» e perché lo sviluppo non sia abbandonato «all'arbitrio di pochi uomini che abbiano in mano un eccessivo potere»; la Chiesa del Magnificat e cioè del Signore che rovescia «i potenti dai troni» ed innalza «gli umili» ricolmando «di beni gli affamati» e mandando «i ricchi a mani vuote». Questa Chiesa «luce delle genti», mirabilmente interpretata e disegnata dal Concilio Vaticano II, non può essere impropriamente coinvolta in questioni elettorali o partitiche.
Brindisi, 26 giugno 2006
Michele Di Schiena

4 commenti:

Anonimo ha detto...

«E' un dovere, quello del vescovo - ha detto l'avvocato difensore di Ruppi - di pressare ogni personaggio politico» perchè garantiscano aiuti alla Chiesa. Cacchio è scritto nel vangelo? Non lo sapevo

Non nego ai preti di avere la propria idea politica, però un capo della diocesi deve garatire tutti. Anche i pochi preti che hanno votato Vendola. Invece il caro Monsignor , non solo dava consigli a Fitto, conviceva gli altri Vescovi darsi da fare in campagna elettorale, ma si rendeva anche protagonista di azione contro Don Ciotti.

"L'arcivescovo Ruppi assicura a Mario De Donatis, capo di gabinetto dell'allora presidente della Regione Puglia, di un suo interessamento per sostenere Raffaele Fitto. Come dimostra una telefonata intercettata il 9 marzo del 2005.
Ruppi: Io sono qui alla Cei e sto qui facendo un buon lavoro, anche alle spalle, e sto convincendo l'arcivescovo di Torino a tirare un po' di gomito a don Ciotti, perché Ciotti ha fatto quella.... eh, che però io non mi trovo. Tu me la puoi recuperare? E' una lettera di don Ciotti.
De Donatis: Ma quella che fece a dicembre addirittura?
Ruppi: C'è una lettera nella quale dice: caro Nichi eccetera, tu la puoi recuperare? Me la devi recuperare... perché...
De Donatis: Quella che uscì su Repubblica tanto tempo fa.
Ruppi: Non lo so, non lo e poi è stata utilizzata nel sito di Nichi c'è. Se tu me la fai e me la mandi a Lecce, domani mattina la mando a Torino."

Anonimo ha detto...

Qualche tempo fa voleva pure impedire una manifestazione nella quale era prevista la partecipazione di Padre Alex Zanotelli...il quale saputo del veto imposto dal vescovo di lecce esordì nel suo intervento rivolgendosi a Ruppi dicendo...."veni vidi...e ruppi"!!!Mah....

Anonimo ha detto...

Quale Chiesa?
Dimmi se questa è Chiesa: quella che sembra poter vivere di se stessa e che chiude le porte ai giovani: quella che “non importa evangelizzare il bene comune, è più proficuo addentrarsi nella politica per ottenere favori”; quella che “ad una processione cosa cambia se c’è solo una sfilata di confraternite piuttosto che il coinvolgimento delle giovani generazioni?”; quella che “i fanciulli vanno addestrati, non semplicemente iniziati”; quella che “se non ti va bene quel che dico puoi anche andare via”; quella che “mentre predico portate via quei bambini che strillano!!”, alla faccia del “lasciate che i bambini vengano a me”!
Sono una credente e per anni sono anche stata una praticante assidua. Come in tutto, però, ho sempre cercato di non coprirmi gli occhi davanti alla realtà dei fatti. Ricercavo quella dottrina pura e semplice che potesse rispecchiare la genuinità dei Vangeli. Mi affidavo a quei dogmi di fede che non hanno mai compreso discriminazioni di sorta. Mi appellavo a un libero arbitrio che mi facesse considerare i miei fratelli come tali a prescindere dalla differenza di vedute. Finché non mi sono accorta di essere la sola a pensarla in quella maniera.
Pregiudizi, bigottismo, ingerenze, pedofilia, corruzione...è a questo che ti riferisci quando mi chiedi di parlare della Chiesa?

Vale

Anonimo ha detto...

Quello che è VERGOGNOSO è che dei magistrati in violazione della segretezza delle comunicazioni (garantita da un certo art. 15 della Costituzione) facciano strame del segreto istruttorio per svendere a giornalisti compiacenti (amici di partito) il contenuto di intercettazioni da cui non risulta alcuna responsabilità penale. Anzi conversazioni che rappresentano l'esercizio di un diritto (quello delle libertà politiche) protetto parimenti dalla costituzione.
Costituzione che - a quanto pare - non solo viene invocata a singhiozzo, ma i cui precetti si interpretano a seconda che faccia piacere o meno alla sinistra di turno.
La stessa norma che garantirebbe la libertà di don Ciotti (o di altri preti agit-prop come Vitaliano della Sala, o don Gallo) di schierarsi per Vendola non legittimerebbe Ruppi a schierarsi per Fitto. Strano ma vero.